EDITORIALE
Popoli, miti e leggende lungo
le antiche vie carovaniere
Il cammino delle civiltà
di Maurizio Rossi
Fotografie di Laura Angelini
Un
tempo, quando l'uomo ancora poteva volare soltanto
con la propria immaginazione e navigare per gli
oceani era impresa di pochi, le vie carovaniere
segnavano, attraverso steppe e deserti, il cammino
dei commerci e dei contatti tra i popoli, attraversavano
il cuore dei grandi imperi, seminavano presso
le fonti d'acqua ciò che un giorno sarebbero
stati templi, monasteri, città. Così
ciò che oggi altro non sono che cammini
dell'oblio, un tempo portavano il nome dei beni
più preziosi, la seta, gli schiavi, l'oro,
ed erano percorsi da ambiziosi mercanti, pellegrini,
notabili e diseredati in cerca di fortuna.
Città
sante come la Mecca o Yathrib, ribattezzata Medina
dopo l'avvento dell'Islam, le mitiche Chinguetti
in Mauritania e Timbouctou in Mali, Samarcanda
e Kashgar velate di mistero tra le steppe dell'Asia
centrale, nacquero attraverso i secoli lungo queste
vie della fede degli scambi, delle civiltà...
Le matrone romane, racconta Plinio nella sua Naturalis
Historia, potevano "presentarsi in pubblico
con vesti trasparenti" grazie alla lana delle
foreste dei Seres "che ricavano togliendo
con un pettine la bianca lanugine delle foglie
dopo averla bagnata con acqua". I Seres
o Seri sono i cinesi, la "bianca lanugine",
naturalmente, la seta.
Al
tempo di Plinio, i cinesi della dinastia Han avevano
esteso il loro controllo politico sull'Asia centrale
e la seta giungeva in occidente per quella via,
passando nelle mani di molti intermediari. Attraverso
il Gansu, le oasi di Tarim, crocevia di genti
e influenze cinesi, iraniche, indiane, il Pamir
ed infine le strade commerciali della Persia e
della parte orientale dell'Impero Romano. Poi
furono il più settentrionale "corridoio
delle steppe", o la più meridionale
via marittima per lo stretto di Malacca e il Mare
Arabico.
Il rifornimento di beni prestigiosi, pietre e
metalli preziosi, ornamenti esotici, piante e
animali rari, fu per le società antiche
importante quanto il mercato della produzione
primaria. Più che una necessità
di consumo, era un'esigenza di consenso il movente
dei fasti cerimoniali, che assicuravano continuità
all'aggregazione di un popolo attorno alla propria
élite dominante. Era suprema cura
d sovrani garantire la sicurezza delle grandi
vie commerciali dell'oro, dell'incenso che bruciava
notte e giorno in templi e palazzi, della seta...
Ed era al tempo stesso necessario assicurare la
sottomissione dei paesi lontani che tali beni
producevano.
Hatshepsut (1490-1468 a.C.), regina d'Egitto al
tempo della XVIII dinastia, esaltò la propria
immagine con una celebre spedizione nella terra
di Punt (corno d'Africa) per raccogliere l'albero
dell'incenso (Boswellia), raccontata con
finezza di particolari nei rilievi del tempio
di Der el-Bakhari, a Tebe. Punt era nota agli
egiziani da oltre un millennio ed era menzionata
in testi della V dinastia all'epoca delle piramidi
(2700-2500 a.C.).
La
stessa esigenza di Hatshepsut, che si riaccreditò
la scoperta dei luoghi conquistati, animò
Sargon conquistatore e sovrano della bassa Mesopotamia:
in un editto esprime con fierezza la volontà
di garantire per la sua capitale i benefici del
commercio con lontani paesi d'oltremare......
Le navi di Melukhkha, le navi di Magan, le navi
di Dilmun al molo di Agade feci ancorare".
Magan era la costa orientale dell'Oman, da cui
partivano rame, incenso e mirra, Dilmun era l'opposta
regione sulle coste persiane, al di là
del "Mare Inferiore" (Golfo Persico).
Melukhkha era la bassa Valle dell'Indo, via delle
spezie e della seta verso i porti dell'Oceano
Indiano.
Anche il bene prodotto dalla Commiphora,
l'albero della mirra, seguiva le medesime rotte
dell'incenso, e nasceva nella stessa regione del
Dhofar, in fondo alla penisola arabica. Era preferita
in Egitto, dove serviva per fumigare le salme
mummificate, profumandole e favorendone la conservazione.
Poi si apprese ad apprezzarne le combinazioni
di profumo e venne spesso mescolata all'incenso
come suo complemento abituale. In latino incenso
era thus, thuris da cui l'incensiere
thuribulum.
Era
abitudine a Roma thuriferare gli ospiti di riguardo,
invitandoli ad accostare l'incensiere al corpo,
impregnando del grato profumo le vesti e la barba.
Le vie della seta, dell'incenso, del sale e delle
spezie, dell'avorio, dell'oro e dell'oro nero,
gli schiavi, dei beni resi preziosi dal gusto,
dalla moda e dal potere, sono stati a turno sull'altare
dei desideri umani. Hanno soddisfatto e alimentato
passioni e guerre, gelosie e conoscenza. Soprattutto
hanno spinto l'uomo al di là delle colonne
d'Ercole, dei mari e deserti, verso i lontani
regni di Saba e Hadramauth o del Catai, scoprendo
nuovi mondi fuori e dentro di sé.
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